Progetto
Eos
2014
Intimità del Tempo
Nico Vigenti ci dona un ciclo di sedici opere che va dal 2012 al 2014, in bilico fra surrealismo e figurativo, per mezzo della fotografia elaborata in digitale.
Si tratta di un percorso all’interno dei segreti della luce, di quella materia che genera le forme del mondo. Dal segno, al disegno, alla pittura, alla scultura, alla fotografia: il teatro vivente dell’essere umano.
L’Artista guarda il mondo con l’invisibile senso dell’anima, ne scruta l’essenza e lo restituisce attraverso miti, leggende e racconti. In definitiva è come se coniugasse parola e immagine in un “fare“ che svela il dolore nascosto tra le pieghe del dire artistico.
Tutto in tal modo diviene atemporale, inscritto nell’istante dell’eternità mentre la materia si trasforma e dai frammenti scaturiscono nuove visioni: senza passato né futuro, ma solo un inafferrabile e sfuggente presente che si sgretola in infiniti rivoli di polveri e pensieri.
Eos: ovvero l’Aurora, la figlia di due Titani, Iperone e Teia, sorella del Sole e della Luna, madre che piange ogni mattino il figlio Memnone, ucciso da Achille durante l’assedio di Troia. Le sue lacrime sono rugiada che rigenerano la natura e la predispongono ad accogliere i raggi del sole.
Madre anche di Zefiro e Borea, “la dea dalle rosee dita“ (Omero) prelude alla rinascita. Il tempo di nuove speranze, nonostante il grido di Dioniso che sale dall’abisso dell’umanità, racchiuse nel magico specchio della Arti nella loro complessità.
Dettagli di un tramonto, scriverebbe forse Vladimir Nabokov, nel tentativo ancora di librarsi in un “folle volo” verso una spiaggia chiamata desiderio, nell’intimità della cosiddetta “tangibilità“ dell’Universo, nell’inesistenza del Tempo.
Nico Vigenti si accorge dell’appartenenza dell’uomo a Madre Natura e sembra che insieme a Niels Bohr affermi che siamo attori e spettatori all’interno di un sistema di equilibri instabili, di essere e non essere, di giorni e notti al cui confine sorge l’Aurora che schiude lo scenario di nuove illusioni sì da tollerare l’incontro con la realtà.
Santa Fizzarotti Selvaggi